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La qualificazione del formatore alla salute e sicurezza sul lavoro
INAIL: La qualificazione del formatore alla salute e sicurezza sul lavoro tra idealizzazione e valutazione
La pubblicazione dell’INAIL affronta il problema della efficacia del formatore andando oltre un mero esame per titoli o di esperienza pregressa come detta la normativa vigente. Gli indicatori divisi in tre aree di competenza ci forniscono il profilo del perfetto formatore. Tra fantasia e realtà ecco il formatore provetto targato INAIL.
Sulla base dei dati ricavati da una ricerca sui fabbisogni formativi di una pletora piuttosto ampia di attori della sicurezza (RLS, ASPP, Preposti, ecc.), durata due anni, condotta dall’INAIL e dall’Università di Bergamo sono state prodotte delle macro aree di indagine, tre, per l’auto valutazione dei formatori in materia di salute e sicurezza del lavoro.
Finalmente un documento ufficiale che va al di la del semplice possesso dei titoli e dell’esperienza pregressa, fornendo al formatore gli strumenti necessari per autovalutarsi sull’efficacia del lavoro svolto.
Le macroaree di indagine come detto sono tre:
- Area socio-comunicativa;
- Area dei saperi tecnici e di contesto;
- Area metodologica.
Riguardo la seconda area, quella tecnica, sembra che non ci sia nulla di nuovo sotto al sole. Infatti, appare piuttosto scontato che il soggetto che gestisce l’aula, e quindi eroga la formazione obbligatoria per legge, sappia di cosa si sta parlando, conosca le casistiche di rischio collegate alle differenti aree merceologiche, sia in grado di fornire esempi pratici e da questi riesca a risalire alla prescrizione di legge.
Sulle altre due macroaree ci sono invece delle novità, belle e brutte.
Vediamo prima l’area socio-comunicativa. In questo ambito il docente sembra muoversi su un vero e proprio campo minato. Attento a “fornire la presa di parola, con delicatezza” ma anche attento a fare “interventi giudicanti”. Ancora “non si pone in modo autoritario” e “..si include come soggetto da valutare”.
Ci sono anche cose pienamente condivisibili quali una “comunicazione chiara ed efficace” e “fa domande ed interagisce con i partecipanti”.
Nel complesso sembra che da questa serie di indicatori emerga una figura di formatore in alcuni casi come soggetto attivo ed in altri assoggettato all’aula.
Nell’ultima area, quella metodologica, di nuovo accanto ad indicatori “ragionevoli” quali “propone strumenti, esercitazioni, ecc.. diversificati” e “sa gestire gli strumenti in relazione alla specificità del gruppo e dei singoli” ci sono altri indicatori che lasciano un po’ perplesso chi scrive.
Si richiede la capacità di intervenire su dinamiche di gruppo quali: conflitti, aspetti emotivi, leadership, ecc., anche di gestire tali conflitti per far crescere il gruppo.
Ma, non si da risalto a metodi di apprendimento veloci, piuttosto che a verifiche semplici anche facendo delle domande specifiche su temi trattati magari tre ore prima e neppure si fanno risolvere dei casi pratici simili a quelli risolti dal discente. Si potrebbe anche chiedere l’enunciazione di definizioni già illustrate, almeno per vedere se gli appunti finora presi dalla platea, che probabilmente riporterà in ufficio, sono corretti. Per carità non si può fare. Non si può urtare la suscettibilità degli alunni. Meglio farli uscire impreparati che offesi.
In conclusione, penso che gli estensori di questa ricerca ci hanno provato. Comunque. È già qualcosa, meglio che niente.
Come sempre, per chi vuole approfondire, alleghiamo il testo integrale della ricerca.
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